Anche per i reati commessi dopo l’entrata in vigore della c.d. “Spazzacorrotti” è possibile la sospensione della esecuzione della pena.
Può soffrire eccezioni la regola dell’esecuzione obbligatoria della pena per i reati contro la p.a., introdotta con le modifiche all’art. 4 bis dell’Ordinamento Penitenziario, che hanno visto tali fattispecie andare ad arricchire il già ampio catalogo dei reati c.d. ostativi.
Invero, il richiamo recettizio a tale catalogo, operato dall’art. 656, comma 9, c.p.p., impedirebbe, di regola, la possibilità di sospendere l’esecuzione della pena per tutti i condannati per reati contro la pubblica amministrazione, essendo stata estesa ad essi – proprio attraverso l’inclusione nel richinato art. 4 bis O.P. la presunzione di maggiore e qualificata pericolosità sociale nei confronti dei condannati per tali fattispecie.
L’attenuante della “collaborazione”
La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Messina ha, tuttavia, con interpretazione originale del coordinato disposto delle norme in questione, ritenuto che alla citata regola faccia eccezione il caso nel quale il condannato per una delle fattispecie commesse dai pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione – e nella fattispecie, in una ipotesi di vari fatti di corruzione commessa dall’imprenditore M.G., in concorso con pubblici ufficiali appartenenti a diverse amministrazioni locali e regionali – si sia reso meritevole della speciale circostanza attenuante di cui al comma 2^ dell’art. 323 bis del codice penale.
Il riconoscimento di tale attenuante, invero, appare idoneo (parimenti a quanto accade per analoga circostanza diminuente prevista nella legislazione speciale in materia di collaboratori di giustizia), a vincere la presunzione di maggiore pericolosità sociale prevista dall’art. 4 bis O.P., risultando dalla stessa norma individuata come circostanza idonea ad inibire gli effetti negativi sulla concedibilità dei benefici penitenziari ai condannati per i reati in essa elencati.
In tal modo, grazie alla interpretazione normativa sopra descritta, la Procura peloritana ha posto rimedio a quello che appare un evidente mancanza di coordinamento tra norme del codice di rito e norme dell’ordinamento penitenziario.