Il principio secondo cui non può essere disposta la confisca urbanistica nei confronti di una persona giuridica che sia rimasta estranea al giudizio, espresso dall'art. 7 Convenzione EDU, è rispettato attraverso la partecipazione della persona giuridica al procedimento di esecuzione
La curatela, pur non avendo partecipato al procedimento di esecuzione, instaurato per iniziativa della società ancora in bonis, che aveva avanzato la richiesta di revoca della confisca e poi proposto l’opposizione avverso il provvedimento di diniego, opposizione respinta con l’ordinanza impugnata, risulta pienamente legittimata a impugnare tale provvedimento negativo, per effetto della successione degli organi fallimentari nella disponibilità dei beni facenti parte del patrimonio del fallito di cui alla citata L.Fall., art. 42, oltre che in forza del meccanismo di sostituzione processuale previsto dall’art. 43 della medesima legge, della cui applicabilità al caso in esame dubita il Procuratore Generale, secondo il quale “Nelle controversie, anche in corso, relative a rapporti di diritto patrimoniale del fallito compresi nel fallimento sta in giudizio il curatore. Il fallito può intervenire nel giudizio solo per le questioni dalle quali può dipendere un’imputazione di bancarotta a suo carico o se l’intervento è previsto dalla legge
Giova, anzitutto, ricordare il chiarimento interpretativo fornito dalle Sezioni Unite con la sentenza Fallimento Mantova Petroli, con la quale, nel risolvere il contrasto interpretativo in ordine alla legittimazione del curatore fallimentare a chiedere la revoca del sequestro preventivo a fini di confisca e a impugnare i provvedimenti in materia cautelare reale quando il vincolo sia stato disposto prima della dichiarazione di fallimento, le Sezioni Unite hanno affermato la sussistenza di tale legittimazione in capo al curatore fallimentare (Sez. U, n. 45936 del 26/09/2019, Fallimento (OMISSIS) S.r.l. in liquidazione, Rv. 27725, relativa a fattispecie di sequestro preventivo, disposto prima del fallimento, ai fini della confisca prevista dal D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 12 bis, in cui le Sezioni Unite hanno precisato che la legittimazione del curatore, discendente dalla titolarità del diritto alla restituzione dei beni sequestrati, dev’essere riconosciuta anche in relazione ai beni caduti in sequestro prima della dichiarazione di fallimento, giacché anch’essi facenti parte della massa attiva che entra nella disponibilità della curatela, con contestuale spossessamento del fallito, ai sensi della L.Fall., art. 42). Le Sezioni Unite hanno, in particolare, sottolineato che il curatore è titolare della disponibilità dei beni del fallimento, in relazione ai quali ha una posizione giuridicamente autonoma nell’esercizio dei poteri di amministrazione e rappresentanza in giudizio che al curatore stesso sono conferiti, tanto che la giurisprudenza ha ricondotto la posizione del curatore a quella della persona avente diritto alla restituzione dei beni sequestrati ai sensi dell’art. 322 bis c.p.p., (Sez. 2, n. 24160 del 16/05/2003, Sajeva, Rv. 227479).
Tale qualificazione del curatore, nella sua funzione di conservazione e reintegrazione della massa attiva del fallimento ai fini del soddisfacimento delle ragioni dei creditori a cui la procedura fallimentare è istituzionalmente destinata, determinano, dunque, il riconoscimento a tale soggetto della legittimazione all’impugnazione in materia di sequestri di beni facenti parte del compendio fallimentare, derivante da detta posizione.
A tali rilievi può aggiungersi quello della piena legittimità della sostituzione processuale della curatela, ai sensi della citata L.Fall., art. 43, nei giudizi instaurati dal fallito in bonis quando, come nel caso in esame, tali giudizi, sul presupposto della insussistenza delle condizioni per poter ritenere configurabile il reato di lottizzazione abusiva, nonché per poter disporre la confisca dei beni nei confronti di un terzo estraneo al giudizio penale e che si affermi in buona fede, abbiano quale oggetto rapporti di diritto patrimoniale del fallito compresi nel fallimento (nella specie il diritto di proprietà sui beni oggetto della confisca) e si controverta sul diritto alla loro restituzione (alla massa attiva del fallimento).
Piena legittimità della sostituzione processuale della curatela, ai sensi della citata L.Fall., art. 43, nei giudizi instaurati dal fallito in bonis.
Va, dunque, anzitutto ricordato il chiarimento offerto dalla Sezioni Unite con la sentenza Perroni (Sez. U, n. 13539 del 30/01/2020, Perroni, Rv. 278870), con la quale è stato precisato, quanto alla compatibilità tra la confisca urbanistica e l’estinzione per prescrizione del reato di lottizzazione abusiva, che la confisca di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, comma 2, può essere disposta anche in presenza di una causa estintiva del reato determinata dalla prescrizione, purché la sussistenza del fatto sia stata già accertata, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, nell’ambito di un giudizio che abbia assicurato il pieno contraddittorio e la più ampia partecipazione degli interessati, fermo restando che, una volta intervenuta detta causa, il giudizio, in applicazione dell’art. 129 c.p.p., comma 1, non può proseguire al solo fine di compiere il predetto accertamento. Quanto alla tutela dei terzi rimasti estranei al processo penale, la stessa sentenza ha chiarito che le questioni relative alla conformità della confisca al principio di protezione della proprietà di cui all’art. 1 del Prot. n. 1 CEDU, come interpretato dalla pronuncia della Grande Camera della Corte EDU del 28 giugno 2018, G.I.E.M. S.r.l. contro Italia, possono essere proposte dagli interessati al giudice dell’esecuzione, anche chiedendo la revoca della misura limitatamente alle aree o agli immobili estranei alla condotta illecita, sottolineando che in tale fase, al fine di compiere l’accertamento richiesto, il giudice gode di ampi poteri istruttori ai sensi dell’art. 666 c.p.p., comma 5.
Ora, nel caso in esame, la Corte d’appello di Messina, attraverso la sottolineatura della preclusione derivante dalla formazione del giudicato in ordine alla configurabilità del reato di lottizzazione abusiva e alla legittimità della conseguente confisca, ha del tutto omesso, come invece sarebbe stato necessario alla luce delle contestazioni formulate sul punto dalla proprietaria dei beni oggetto della statuizione di confisca, sia di accertare, in contraddittorio con tale società (ed ora della curatela fallimentare), la sussistenza di tali presupposti, tenendo conto dei rilievi formulati dalla società in ordine alla risalente urbanizzazione dell’area, emersa dagli accertamenti compiuti dall’esperto nominato dalla curatela al fine della stima dei beni compresi nella massa attiva; sia di accertare l’eventuale condizione di buona fede del terzo destinato a sopportare le conseguenze del provvedimento di confisca, posto che la condizione di buona fede impedisce la confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite nei confronti del terzo di buona fede proprietario o acquirente di tali beni (ex plurimis, da ultimo, Sez. 3, n. 36310 del 05/07/2019, Motisi, Rv. 277346; nonché, Sez. 3, n. 51429 del 15/09/2016; Brandi, Rv. 269289; Sez. 3, n. 15987 del 06/03/2013, Parisi, Rv. 255416); sia la proporzionalità di tale provvedimento, ossia, la conformità della confisca al principio di protezione della proprietà di cui all’art. 1 del Prot. n. 1 CEDU, come interpretato dalla pronuncia della Grande Camera della Corte EDU del 28 giugno 2018, G.I.E.M. S.r.l. contro Italia, alla luce del quale il provvedimento ablatorio è legittimo se limitato ai beni immobili direttamente interessati dall’attività lottizzatoria e ad essa funzionali (Sez. 3, n. 14743 del 20/02/2019, Amodio, Rv. 275392; Sez. 3, n. 31282 del 27/03/2019, Grieco, Rv. 277167; Sez. 3, n. 38484 del 05/07/2019, Giannattasio, Rv. 277322; Sez. 3, n. 47280 del 12/09/2019, Cancelli, Rv. 277363).